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Domenica, 24 Novembre 2024
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In prima linea contro il coronavirus: l'impegno di Carlo

In prima linea contro il coronavirus: l'impegno di Carlo

Sguardi stravolti, parole sofferte e ore di lavoro che non trovano una fine. La testimonianza di Carlo D’Agostino, 30enne originario di Carmiano, infermiere privato in servizio in Emilia Romagna, arruolato per l’emergenza sanitaria in corso, dall’asl di Parma come avamposto del 118. Ogni giorno turni massacranti, a bordo di ambulanze che a sirene spiegate si muovono, da circa due mesi, in direzione ospedale “Maggiore” della città emiliana. A bordo, solo l’infermiere e un’autista, il personale ridotto al minimo per poter garantire maggiori interventi alla popolazione.

Poco il tempo a disposizione per riposare. La vita di Carlo, giovane operatore sanitario salentino, negli ultimi due mesi è cambiata, stravolta, l’unico contatto con gli affetti più cari avviene attraverso lo smartphone. Un saluto, qualche parola di conforto misto a rabbia, e nulla altro, per un ragazzo poco avvezzo ai social per scelta, che preferisce agire sul campo. “Non mi piace esternare sui social la terribile esperienza che il coronavirus sta causando nelle regione del centro nord Italia – ammette Carlo. In tv come su tutti i canali mediatici, non vede altro che messaggi di persone che non fanno altro che chiedere a tutti di stare a casa. Messaggi di medici e colleghi infermieri, di persone famose e politici così come slogan lanciati da perfetti sconosciuti. Bene, comprendo l’intento di sensibilizzare, ma così non ha senso, non basta a descrivere la realtà che si vive qui”.

Un virus che negli ultimi mesi non ha fatto sconti. “Se proprio dovessi sensibilizzare la gente in qualche modo – precisa il giovane infermiere – quello che mi piacerebbe far vedere a tutti sarebbe quello che sto vivendo da un mese e mezzo a questa parte; il pronto soccorso che sembra un ospedale da campo durante una guerra, con la gente ammassata in ogni centimetro disponibile, moribonda e che non riesce ad emettere più di un lamento sommesso perché senza un filo d'ossigeno nei polmoni. Farei vedere alla gente – prosegue il ragazzo - la sofferenza dei familiari che chiamano l'ambulanza con la speranza, come in un momento ordinario, che possa salvare la vita, ma a cui invece viene detto di salutarlo perché potrebbe essere l'ultima volta in cui lo vedranno, e magari con il loro congiunto accanto, ancora cosciente”. Esperienze segnanti, in una regione come l’Emilia Romagna, tra le più colpite in Italia dal virus. “Lavoriamo più di dodici ore al giorno. A volte i turni non hanno sosta – ammette Carlo - e si prolungano ben oltre. Ora qualcosa inizia a migliorare ma nel mese di marzo, in piena emergenza sanitaria, le ambulanze erano perennemente in strada. Da un’abitazione all’altra, oltre 15 ricoveri al giorno e tante situazioni di vita che lasciano il segno, come un pugno nello stomaco”.

Sono situazioni complicate, che variano da intervento ad intervento, richiedendo grande discrezione. “E’ molto più difficile trattare i casi dei pazienti anziani, anche perché le valutazioni sono tante da fare con la centrale operativa”. Infine il richiamo alla responsabilità condivisa. “In questo momento delicato l'informazione è un importantissimo supporto che si può dare alla popolazione. Noi operatori sanitari – conclude Carlo D’Agostino - siamo già quasi al limite e stiamo facendo più di quanto possibile, spero quindi che tutti i cittadini lo comprendano andando oltre gli slogan sui social e ci aiutino restando responsabilmente in casa”.

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