“Sto ancora male e soffro nel dover stare lontana dai miei figli. Voglio la verità, ma non mi pento, l’unica arma contro il virus è il vaccino”.
Ha la voce debole segnata a tratti dalla sofferenza, Clara Occhinegro, l’insegnante 46enne leccese, ricoverata dallo scorso 9 marzo nel reparto di rianimazione dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, dopo aver ricevuto la somministrazione del vaccino anticovid “AstraZeneca”, che faceva parte del lotto ABV2856, poi sequestrato. Nelle sue parole, interrotte dalle lacrime e dell’emozione per aver sentito al telefono poco prima i figli di 10 e 15 anni, il calvario iniziato lo scorso 25 febbraio.
Professoressa come sta?
“Mi ritrovo in un letto d’ospedale, fortemente spossata, con difficoltà nel deglutire e non riesco a camminare. I dolori agli arti soprattutto nei primi giorni sono stati forti e sino a ieri mi è stata somministrata la morfina. E’ dura, mi è stata diagnostica la sindrome di Guillain-Barré, che si ritiene dovuta alla reazione immunitaria eccessiva a causa pare della inoculazione di una fiala del vaccino anti-Covid”.
Un calvario durato 12 giorni prima del ricovero in ospedale.
“Si, ho fatto il vaccino lo scorso 25 febbraio e sfortunatamente mi hanno somministrato una dose del lotto AstraZeneca che è stato poi ritirato. I primi giorni ho avuto i sintomi classici: spossatezza e febbre. Credevo di smaltirli in breve come tanti miei colleghi. Poi però è arrivato il mal di testa, di cui non avevo mai sofferto prima. Gradualmente i problemi sono aumentati, è iniziato il formicolio alle mani, seguito da crampi e un generale torpore agli arti. Al dodicesimo giorno sono arrivati dei dolori forti alle gambe e a tutto il corpo. Non riuscivo più a dormire, nessuna posizione mi faceva stare bene. Soprattutto non riuscivo a stare in piedi. Quindi la decisione del ricovero in ospedale. I dolori aumentavano giorno per giorno, sino a quando mio marito che è un medico, preoccupato dall’aggravarsi delle condizioni di salute ha deciso di portarmi al “Vito Fazzi”, dove sono ricoverata dallo scorso 9 marzo nel reparto di rianimazione, monitorata 24 ore su 24”.
La terapia come procede?
“Le prossime 48 ore saranno importanti. Sono in attesa di ulteriori accertamenti e del nuovo quadro clinico per comprendere se la cura “Ig Vena” stia dando i primi risultati”.
I medici le hanno dato dei tempi di guarigione?
“Non si sbilanciano, non esiste una casistica chiara sul periodo necessario per guarire. Occorre pazienza. Confido nella terapia, poi dovrò fare riabilitazione fisioterapica per riacquisire la piena funzionalità dei nervi periferici colpiti dalla sindrome”.
Una battaglia da affrontare lontana dagli affetti familiari e dai suoi alunni.
“Questo purtroppo è uno degli aspetti più brutti, perché non so quando potrò riabbracciare i miei figli, che riesco a vedere solo attraverso il cellulare, o tornare alla vita di tutti i giorni. Mi manca la quotidianità, il mio lavoro e gli alunni, che stanno facendo di tutto per non farmi sentire sola. Ogni giorno ricevo tantissimi messaggi che mi rincuorano e aiutano a non perdere il sorriso. Devo anche ringraziare la straordinaria disponibilità dei medici e degli operatori della rianimazione e della neurologia, sono i miei angeli custodi”.
In questi giorni ha avuto modo di riflettere sulla situazione? Rifarebbe il vaccino?
“Il mio caso è stato denunciato alle istituzioni e spero si faccia luce a livello scientifico su eventuali complicanze che la vaccinazione anticovid può procurare, affinché nessuno riviva la mia esperienza. Ma nonostante tutto non mi pento, il vaccino è l’unico modo per sconfiggere il virus”.