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Giovedì, 21 Novembre 2024
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Partiamo da una riflessione: la tragica vicenda della giovane Giulia Cecchetin, che ha destato molto scalpore nell’opinione pubblica sia per le modalità con cui è stato commesso il crimine, sia per la giovane età della vittima. Ma la lista inizia nel gennaio 2023 con Giulia Donato, arrivando a oggi con una macabra lista di oltre cento donne. E gli anni passati non sono da meno. Le donne uccise per mano di un uomo che avevano lasciato o volevano lasciare non diminuisce.
Ora le norme di questo nuovo Codice Rosso sono entrate in vigore e la speranza è che in qualche modo siano in grado di fermare questa strage, questa scia di sangue che ha le sue radici in una assurda e antistorica cultura patriarcale che non contempla per la donna nessuna emancipazione dai ruoli prescritti da una società maschilista e che si traduce troppo spesso in atti di violenza psicologica o fisica. 
L’argomento è molto complesso, cerchiamo di comprendere meglio quali sono le nuove disposizioni.
La legge in Italia sul femminicidio chiama in causa anche la normativa sul Codice Rosso, disciplinata dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019. Introdotta contro la violenza di genere, prevede nuove misure come la procedura di emergenza nei casi di violenza domestica, stalking e maltrattamenti familiari.
Il nuovo provvedimento, legge n. 168 del 24 novembre 2023, “Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica”, emessa dopo il clamore della vicenda di Giulia Cecchetin, è composto da 19 articoli, è diretto soprattutto alla prevenzione per evitare che i cosiddetti “reati spia” possano poi degenerare in fatti più gravi. E infatti l’inasprimento riguarda soprattutto chi è già stato destinatario dell’ammonimento e ricade nella stessa condotta, i cosiddetti recidivi. 
L’intento è quello di rendere più veloci le valutazioni preventive sui rischi che corrono le potenziali vittime di femminicidio o di reati di violenza, rendere più efficaci le azioni di protezione preventiva, rafforzare le misure contro la reiterazione dei reati a danno delle donne e la recidiva, migliorare la tutela complessiva delle vittime di violenza.
Tra le numerose disposizioni, consultabili facilmente sul web, si segnala la previsione dell’arresto in flagranza differita per chi viene individuato, in modo inequivocabile e sulla base di documentazione video-fotografica o che derivi da applicazioni informatiche o telematiche, quale autore di una condotta di violazione dei provvedimenti di allontanamento e del divieto di avvicinamento, maltrattamenti in famiglia e atti persecutori. L’art. 12 prevede, invece, tra l’altro, che con il provvedimento che impone il divieto di avvicinamento viene disposta anche l’applicazione della modalità di controllo del braccialetto elettronico, con eventuale previsione di una misura più grave, qualora l’imputato neghi il proprio consenso. In caso di manomissione del braccialetto elettronico, viene anche disposta la misura cautelare in carcere. Il contravventore ai divieti, agli obblighi e alle prescrizioni conseguenti all’applicazione delle misure previste è punito con la reclusione da uno a cinque anni e l’arresto è consentito anche fuori dei casi di flagranza. 
Dopo una breve analisi, possiamo concludere rilevando che la legge in questione costituisce certamente un passo in avanti per il contrasto dell’odioso fenomeno di cui trattasi.
Il fenomeno della violenza di genere ha nel nostro Paese consolidate radici culturali e psicologiche che potranno essere estirpate o quantomeno ridotte, solo con una forte azione sinergica posta in essere da parte di tutti i settori della società civile e che deve trovare il suo fulcro nelle scuole e, quindi, nella formazione dei nostri giovani mediante campagne informative negli istituti, nel mondo dello sport, come già sta avvenendo, prevedendo un’educazione alla legalità, problematica strettamente connessa a quella della violenza di genere e indispensabile per contrastare anche il fenomeno della delinquenza minorile.  
Emanuele Ingrosso
Published in Attualità
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