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Sabato, 23 Novembre 2024
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Tra favorevoli e contrari prosegue il confronto politico nazionale su Mes e Recovery plan. Temi caldi, che neppure la fiducia incassata dal Governo al Senato è servita a placare il dibattito parlamentare sui fondi europei per la ripartenza post covid. Intanto nel pomeriggio il premier Conte avvia il tavolo del confronto incontrando le delegazioni delle singole forze di maggioranza: alle 15.30 toccherà al M5S, alle 19 sarà la volta del Pd. Domani alle 11 Italia Viva e alle 13 Leu.

Ma andiamo per gradi. Cosa si intende per Meccanismo europeo di stabilità? Si tratta nello specifico di un fondo non esplicitamente contemplato all’interno dei trattati comunitari, consistente in una somma pari a circa 700 miliardi raccolti tra gli stati dell’ Eurozona per far fronte ad una eventuale crisi finanziaria che dovesse coinvolgere uno di essi, così da poter rifinanziare il debito pubblico del Paese sotto l’attacco degli speculatori finanziari. Tale strumento, nato in seguito alle crisi economiche coinvolgenti alcuni Stati a partire dal 2008, è da sempre oggetto di vivaci fermenti coinvolgenti la classe politica italiana: da un lato i partiti europeisti  accettano di buon grado il compromesso offerto da Mes che garantirebbe, se utilizzato, la possibilità di ottenere un prestito con con tasso agevolato rispetto alle alternative presenti sul mercato; dall’altro si collocano i partiti sovranisti, ostili verso le conseguenti condizionalità ‘economiche’ alle quali gli Stati in crisi e beneficiari del prestito sarebbero di fatto sottoposti, un ‘’cavallo di Troika’’ come lo definisce la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni quasi a voler presagire un ritorno al passato con espresso richiamo alla Grecia del 2011,  che in cambio di tale aiuto internazionale per una somma corrispondente a 100 miliardi circa,  aveva subito vertiginosi tagli alle pensioni, alla sanità in conseguenza a una serie inarrestabile di licenziamenti. Ma arriviamo alla tanto dibattuta questione relativa alla riforma di tale strumento, la quale prevede innanzitutto la possibilità per il SRF(Fondo di risoluzione unico), finanziato dal settore bancario, di fare uso del Mes solo in ultima istanza, in ipotesi di mancanza di risorse;  la riforma comprende inoltre la trasformazione delle clausole di attivazione collettiva (CAC)  tramite una modifica delle maggioranze richieste così da rendere più rapide le richieste di ristrutturazione del debito tramite l’eliminazione delle minoranze di blocco; veniamo infine alla modifica delle pccl (linee di credito precauzionali messe a disposizione di Stati con un’economia non poco ‘robusta’ e con un debito pubblico sostenibile) che prevede l’introduzione di ulteriori criteri d’accesso alle stesse. Tale progetto di riforma, in cantiere già da qualche anno, ha ricevuto lo scorso 9 dicembre l’approvazione della maggioranza in Senato e non hanno tardato ad arrivare i commenti entusiasti da Bruxelles del Commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni, da sempre sostenitore della riforma e convinto assertore dell’innocuità di questa per il nostro Paese. Ora lo step interno con il premier Giuseppe Conte che incontra le forze politiche della maggioranza.

In attesa di sviluppi riflettori puntati anche su prestiti e sussidi garantiti dal Recovery Fund e definiti un’imperdibile opportunità per il nostro Paese che sarà il maggiore beneficiario dei fondi per un ammontare superiore a 190 miliardi la cui suddivisione è stata già prospettata dal Governo, non poco criticato per quelli che alcuni definiscono come ‘scivoloni’ nella distribuzione delle risorse come lo stanziamento dei 17 miliardi per la parità di genere a fronte dei 9 miliardi destinati a salute e sanità.

Al di là del dibattito politico, staremo a vedere nei prossimi mesi l’evoluzione di questo progetto nel quale non possiamo che riporre tutte le nostre attenzioni in merito a un miglioramento su scala economica nazionale già troppo gravata dalla pandemia da Covid-19.

Anna Giulia Rogoli

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