Sono le ore 19,07 di lunedì 20 marzo 2023, ho appena finito di registrare sul Sistema Regionale Edotto le ultime prestazione extra e gli ultimi bilanci di salute. Domani, per raggiunti limiti di età, cesserà la mia convezione pediatrica e dovrò restituire al Distretto di competenza i ricettari rossi inutilizzati.
Tolgo il camice e mi sento come un calciatore che al fischio finale dell'ultima partita da professionista sta per "appendere le scarpe al chiodo". Penso che quando ero bambino un anno mi sembrava un tempo lunghissimo, ne sono trascorsi quasi 45 dall'inizio della mia carriera e mi sembrano passati in un soffio. Quando ero bambino un settantenne lo avrei classificato come vecchio matusalemme, ora che a quell'età ci sono arrivato io il giudizio è cambiato di molto. In fondo mi sento quasi come da giovane. Certo bisogna capire come ti vedono gli altri. Alcuni segnali giunti negli ultimi tempi non sono rassicuranti. Un piccoletto alla domanda della mamma "com'è il dottore Merli?" invece di rispondere in modo scontato ("è bravo") ha esclamato "è vecchio", mettendo in grande difficoltà la madre. Una bimbetta poi, seduta davanti alla mia scrivania, improvvisamente è scattata dicendo "finalmente ho visto il dottore Merli ridere". E' così dunque, vecchio e troppo serio, che mi vedono i miei piccoli pazienti (e forse anche i loro genitori)?
Mentre spengo il computer ricordo il mio primo incarico professionale. Nell'estate del 1979 ho sostituito per due settimane il dottore Massimo Manca, medico di medicina generale. Il collega, nel consegnarmi le chiavi del suo ambulatorio, mi volle dare due insegnamenti. Il primo "mi raccomando, devi essere sempre puntuale: se sul cartello c'è scritto che l'ambulatorio apre alle 8,30 non puoi arrivare alle 8,35". Il secondo "non fare mai certificati predatati o postdatati". Qualche genitore in questi anni ha protestato per la mia rigidità nel rilasciare un certo tipo di certificati, credo però che nessuno si sia mai lamentato per il mancato rispetto degli orari di ambulatorio.
Di fronte alla mia scrivania, poggiata sopra una cassettiera bianca, vedo la bilancia pesa neonati. L'ho comprata a inizio carriera, è sempre la stessa, non l'ho mai cambiata. Sono particolarmente affezionato a questo strumento che identifica in maniera inequivocabile l'ambulatorio del pediatra. Quanti bambini sono passati sulla mia bilancia, cinquemila o forse seimila? Chissà! Molte volte mi è capitato di pesare un bambino e poi a distanza di anni sulla stessa bilancia i suoi figli. Qualche anno ancora e sul quel piatto avrei poggiato anche i nipoti dei miei primi pazienti. Rifletto sul fatto che nell'anno in cui mi sono laureato (1978) sono nati a Carmiano 270 bambini. Da allora è stato un calo continuo. Negli ultimi anni un vero e proprio crollo. Secondo l'ISTAT a Carmiano sono nati 76 bambini nel 2017, 87 nel 2018, 70 nel 2019, 67 nel 2020, 68 nel 2021. Che brutta la denatalità. Come è triste un paese senza bambini. Metto il cappotto e mi tornano in mente le parole del mio maestro, il professore Giorgio Bartolozzi, "se dovessi dedicare una pagina a ogni errore compiuto nella mia carriera, scriverei un libro più grosso della Bibbia". Caspita! Se questo era vero per il direttore del prestigioso ospedale pediatrico “Anna Meyer” di Firenze, chissà quante piccole Bibbie potrei adesso scrivere io. La medicina non è una scienza esatta, capita di non fare la scelta migliore. A volte per superficialità, per fretta, per stanchezza o per altro. A volte portati fuori strada da un genitore troppo apprensivo o poco attento. Ma sbagliare sul bambino è un peso troppo grande. Quanta responsabilità nel prendere in cura il più prezioso dei beni, nella solitudine del proprio ambulatorio. Però che grande professione la mia e pensare che avrei dovuto fare l'ingegnere perchè bravo in matematica.
Chiudo a chiave la porta dello studio e mi incammino verso casa. Da domani finalmente niente più riunioni Asl, corsi ECM, controlli NAS, normativa privacy, tetti di spesa, piani terapeutici, esenzioni ticket, note prescrittive. Finalmente potrò assentarmi senza dover trovare un sostituto e senza dovermi affrettare a rientrare per evitare di sovraccaricare il collega e di creare troppo disagio ai pazienti. Dopo tanti anni vissuti all'ancora è arrivato il tempo di navigare liberamente in mare aperto. Però, mannaggia, quanto mi mancheranno i piccoletti.
Dott. Luciano Merli