Due settimane da cardiopalmo, quelle che ci hanno visto alle prese con i nuovi episodi di GOT. Emozioni a non finire e sentimenti, anche contrastanti, ci hanno “sospeso il cuore”, immergendoci in uno scombussolamento emotivo niente male. Empatia, compartecipazione, entusiasmo, amore, amicizia, dovere ma anche disillusione, angoscia, timore, paura e ancora sorpresa, sollievo, e di nuovo dolore, senso della disfatta, dell’abbandono, della fine: ecco l’altalena di stati d’animo che questi due episodi hanno saputo offrire ai milioni di persone che li hanno seguiti.
Iniziamo dal secondo episodio mentre il terzo lo approfondiremo nel successivo articolo.
Il suo titolo originale è A Knight of seven Kindom (Un cavaliere dei sette regni). La sceneggiatura della puntata è di Bryan Cogman mentre la regia è affidata a David Nutter. Questo episodio lo definirei pensato e scritto per i veri sentimentali. Si tratta, infatti, di una sceneggiatura impostata tutta in interno, dai toni pacati e quasi di boccaccesca ispirazione. Un gruppo di persone, (alquanto folto, direi) in attesa della morte, si riunisce all’interno di un castello e cerca il coraggio per affrontare il pericolo imminente, raccontandosi. Ed è così che questi uomini affrontano l’idea della morte, superando se stessi e le loro individualità, aprendosi agli altri e svelando i propri limiti, cercando conforto e calore in chi hanno amato, scusandosi con chi hanno odiato dal profondo, mostrandosi agli occhi degli spettatori come quello che realmente sono: il modello dell’uomo comune, quello autentico, quello che impara dalle lezioni che la vita gli dà. Nel ritmo narrativo, l’apice emotivo è raggiunto, a mio parare, nel momento in cui Lady Brienne viene investita del titolo di cavaliere dei sette regni (non a caso questa sequenza dà il titolo all’episodio). Si tratta di una delle scene di impostazione cavalleresca più intense che abbia mai visto: l’investitura arriva inaspettata, nasce quasi da una burla, ma è un gesto di amore sincero (Jaime qui raggiunge il culmine dell’evoluzione positiva del suo personaggio). Si tratta di un amore platonico e per questo nutrito dai più alti ideali di purezza; un amore che nasce dalla conoscenza reciproca profonda, dalla stima, dal rispetto; un amore che eleva non solo una donna al rango di cavaliere (è la prima volta nella storia di Westeros) ma che riscatta totalmente un uomo da un passato vissuto senza amore vero.
Oddio ragazzi!! E’ troppo romantico???? No, ci sta, ci sta! Prima del racconto della grande battaglia de “La Lunga Notte” ci sta!
Emanuela D’Arpa